C’è qualcosa dietro quegli occhi.

Cosa c’è dietro quello sguardo? Cosa c’è dietro quel sorriso? Quel sorriso che non appartiene alla tua bocca: forestiero, quasi alieno.
Interviene nelle foto, si trattiene qualche secondo poi si allontana, svanisce nel nulla, come se non fosse mai esistito. Come se l’avessi preso in affitto solo un attimo; solo per quello scatto. Come un costume di carnevale da usare solo il martedì grasso. Una maschera sulla maschera. Tanto, poi verrà mercoledì e poi giovedì, e poi ancora…

Fai capolino dentro l’immagine come se giocassi a nascondino, lasciando agli occhi il compito di presentarti a chi non ti conosce ancora. C’è qualcosa dietro quegli occhi, qualcosa di triste: sono i tuoi sogni che rimbalzano in faccia alla realtà e tornano indietro. Li raccogli e li conservi in uno scrigno, con la speranza di riaprirlo un domani, nella nuova dimensione a cui ti stai preparando. Ogni tanto ne prendi un pezzo, spazzoli via un po’ di fantasia – tanto per renderlo comprensibile agli occhi dei pagani – e lo pubblichi. Chi ti capisce ti ama, pensi.

Lo vedi che passa, ti supera, ti segna nel viso e nel corpo, ma i segni più profondi li lascia nella tua mente. Macchie sulla pelle e nell’anima, macchie indelebili, macchie di tempo che corre.

Se non fosse per quegli occhi – che riuscirei a leggere anche al buio – nemmeno io mi accorgerei di quello che hai dentro. Ho questa facoltà: leggo esattamente cosa sei e cosa vuoi diventare.

C’incontreremo, lo so, c’incontreremo in quella dimensione a cui ti stai preparando e chissà che forse…

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L’Incappucciato

Nubi opprimenti celano le vette delle montagne. Gli alberi sono grevi di neve tanto da far piegare i rami fin quasi al terreno. Fiocchi accecanti calano senza sosta sul paesaggio silente. Un uomo, ingobbito nel suo mantello, s’inoltra lungo un sentiero fangoso cosparso di pietre traditrici, mentre il cavallo stenta a restare in equilibrio trascinandosi a fatica sul terreno impervio. Le froge dell’animale creano due piccoli geyser che divergono, trasformandosi in un denso vapore grigio. Lui oscilla lentamente accompagnando i movimenti incerti del cavallo che avanza sospettoso.

Una sagoma deforme appare al centro del sentiero da una nebbia fitta e maleodorante: avanza, incappucciato, in un saio polveroso e consunto cinto da un cordone di canapa. L’ incappucciato alza il braccio scarno, ricoperto da una pelle raggrinzita, e fa cenno loro di fermarsi. L’uomo si arresta a pochi metri ed estrae la spada, facendo scartare il cavallo innervosito dalla mossa inattesa. L’incappucciato s’inginocchia e abbassa la testa in segno di sottomissione, tira fuori dal sacco un piccolo scrigno dorato cosparso di pietre luccicanti e l’offre al cavaliere. Il giovane scivola dalla sella e si avvicina all’uomo rinfoderando la spada e sovrastandolo con la sua mole. L’incappucciato apre lo scrigno, e da esso si sprigiona un piccolo vortice che a mano a mano diventa sempre più grande, fino ad avvolgere completamente l’uomo, imprigionandolo tra le sue spire. Dopodiché, fulmineo, si ritrae nello scrigno. L’incappucciato rimette l’oggetto nel sacco monta sul cavallo e lo spinge al galoppo lungo l’aspro sentiero. Una risata agghiacciante attraversa il bosco. Inaspettatamente il cavallo punta le zampe e si blocca, proiettando l’incappucciato in un capitombolo che termina con un tonfo rumoroso su una sporgenza rocciosa del terreno. L’animale si avvicina al sacco e con lo zoccolo spinge fuori lo scrigno, mandandolo a sbattere contro un albero e facendone aprire il coperchio. Di nuovo il vortice si sprigiona, e di nuovo aumenta di dimensioni finché non riappare l’uomo che, con un sorriso complice, si avvicina all’animale accarezzandolo sul muso e dice: “Uno stregone sciocco e avventato vero Pellediluna?”. Lei scuote la testa, soffia una grossa quantità di aria e scalciando risponde:“Uno stupido uomo di un’altra dimensione amore”.

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