Lei mi aveva lasciato dimenticando il pupazzo con un buco al posto dell’occhio. Mi ritrovai seduto sul pavimento al centro della stanza senza riconoscere l’uomo riflesso nello specchio sulla parete opposta.“Chi sei?” Gli chiesi. Guardai verso la finestra: faceva buio, le luci si erano già accese illuminando una strada vuota e bagnata dalla pioggia autunnale. Un cigolio fastidioso si insinuò nella mia mente, mi alzai e guardai giù: la bici si trascinava rumorosamente trasportando una sagoma nera, ingobbita dalla pioggia che scrosciava rumorosamente. L’uomo sbandò e cadde; si rialzò dopo un po’ massaggiandosi il ginocchio e volgendo lo sguardo verso l’alto, scorgendo la mia figura scura sullo sfondo giallo della finestra. L‘uomo rimontò in sella girandosi a guardare, ancora una volta, nella mia direzione e continuò verso il suo destino.
Scesi le scale di corsa con il fiato in gola. Uscito in strada girai l’angolo: non c’era nessuno.
Mi ritrovai tutto bagnato al centro della strada lunga e desolata, senza capire perché. Tornai indietro noncurante della pioggia, superai il portone di casa e m’inoltrai nei vicoli silenziosi scrutando nel buio a destra e a sinistra alla ricerca del niente. Mi guardai i piedi: ero scalzo.