Tutte le mattine apriva il negozio alle otto, si toglieva il soprabito, andava nel retro bottega e accendeva la macchinetta del caffè caricata la sera prima. Lentamente s’infilava il camice e si sedeva dietro al banchetto di lavoro mentre il caffè saliva.
Con gesti abituali, metteva in ordine i ferri sul piano di lavoro, poi si alzava spegneva il fuoco e si versava la prima grossa tazza di caffè della giornata. Dopo il secondo sorso usciva fuori al negozio e guardava la gente passare; al quarto sorso di caffè rientrava si sedeva dietro al banchetto e iniziava a lavorare.
Le bambole erano degli esseri incredibili: ogni volta che ne curava una si rendeva conto che non poteva esistere un mondo senza bambole.
«Buongiorno piccola come ti chiami?» Chiese alla bambola. La piccola aveva il braccio staccato dal corpo e le mancavano alcune ciocche di capelli dietro la nuca. «Il cucciolo di uomo che ti ha avuta è stato maldestro vero piccola?» Continuò lui dando fondo alla tazza di caffè. «Ma non ti preoccupare ti rimetterò subito in sesto»: le tolse il vestitino, aprì un cassetto ed estrasse una siringa, la caricò con una fiala di lidocaina e ne iniettò metà sulla spalla e metà dietro la nuca della bambola. «Con questa non sentirai dolore piccola», disse dolcemente. Fece un’incisione sulla spalla, collegò i tendini e i muscoli sull’estremità ossea della clavicola, fissò due viti al titanio all’òmero e vi incastrò il braccio. «Sei brava, non ti lamenti. Ancora qualche minuto e poi ho finito. Non vuoi proprio dirmi come ti chiami piccola?» Chiese ancora lui con un largo sorriso.
Tolse il divaricatore e richiuse la ferita. «Ok! Dovrai fare un periodo di fisioterapia e dopo la spalla sarà come nuova. Adesso vediamo la testa». Aprì una scatola di latta e ne estrasse alcune ciocche di capelli di tonalità diverse, le avvicinò alla testa della bambola e disse: «queste sembrano proprio dello stesso colore, siamo stati fortunati a indovinare la tonalità al primo colpo piccola». Fece alcune decine di micro-fori inclinandoli un po’ per migliorare l’innesto e dargli più naturalezza, e iniziò a collocare le ciocche di capelli dietro la nuca. «Ecco fatto! Adesso hai di nuovo una bellissima chioma. Per i primi giorni evita di pettinarti dietro la nuca, c’è il rischio che si strappino», le raccomandò l’uomo mettendola seduta sul banchetto. Si staccò lo stetoscopio dal collo e le auscultò il torace: «Bene, bene, il cuoricino funziona magnificamente. Abbiamo finito, adesso ti vesto piccola», la rassicurò l’uomo. Le infilò il vestitino, le aggiustò i capelli e l’appoggio a terra e disse: «Ricordati di ritornare la prossima settimana per un controllo, ciao piccola».
«Arrivederci signore» rispose la bambola.