Mi sveglio, sei lì davanti a me; le nostre gambe s’incrociano in una strana posizione: avvinghiate in una specie di incastro a forbice, con i corpi distesi lungo le due estremità del sofà. Sei nuda, ma è come se lo fossi sempre stata. Mi guardi con quegli occhi rubati a chissà quale gatto randagio e sorridi. C’è una luce che ti accarezza il viso: un perfetto alone di chiaro scuro che ti ammorbidisce ancora di più i lineamenti. Mi abbevero della tua figura come un assetato che ha appena trovato una fonte d’acqua celata tra le dune. Sono preso completamente dal tuo corpo, avvinto dalla delicatezza delle tue curve. Ti accarezzo pian piano e percorro il piccolo rigonfiamento di una vena che si perde tra le dita del piede. Mi guardo intorno e ho la sensazione che il tempo ci stia aspettando. Si è messo un po’ in disparte, e con discrezione aspetta un nostro segnale per continuare la sua corsa. Ti bacio l’alluce – delicatamente, senza fretta tanto il tempo aspetta. Spingo le mie labbra lungo un percorso sconosciuto soffermandomi sulla piccola depressione della caviglia. Prendo il tuo piede, l’appoggio sulla spalla e comincio a massaggiarti la gamba fin dove le mie braccia possono arrivare. Lentamente i tuoi sospiri riempiono la stanza rimbalzando dolcemente sulle pareti come tanti palloncini colorati. Non ci muoviamo, restiamo così, godendo solo del tocco delle nostre carni.