Ai postumi l’ardua sentenza.
Postumi
Ai postumi l’ardua sentenza.
Sono resistente all’acqua fino alla gola
Ai postumi l’ardua sentenza.
hai bevuto troppo mare: sei ubriaca.
Pensavi di poter superare le onde con un salto.
Sei troppo leggera, troppo leggera.
Forse dovevi aspettare che diventassi più pesante.
Non riesco a muovermi. Dài, staccati da me, non vedi che le mie labbra bruciano? Guarda, si fondono con le tue. Oddio! Adesso si sciolgono, si stanno sciogliendo… si amalgamano; vedi come coagulano e si uniscono in un’unica forma?
Guarda i miei occhi, li vedi i miei occhi? No, non li vedi, lo so. Li tengo bassi perché non riesco a guardarti: ho paura. Potresti farmi una magia; farmi bruciare tra fiamme di piacere o cullarmi tra i carboni ardenti, che ne so cosa potresti farmi? Comunque voglio che tu lo faccia, dài, fallo!
Osserva come bevo i tuoi bisbigli, lo vedi? Mi sto dissetando e più ne bevo più ho sete; mi si dilaterà la pancia fino a scoppiare, sarà un botto tremendo, un incredibile sbuffo d’aria.
Ho preso coraggio, ti guardo; adesso ho fame, anche tu hai fame, lo vedo dai tuoi occhi, questi occhi che vengono da lontano. Le nostre mani si frugano insistenti, le dita scivolano fluide, i seni affannano, si gonfiano, le gambe si intrecciano e si annodano strette… sessi affamati si cibano l’uno dell’altro. Ancora, dài, ancora… corpi spossati ansimano… tu sospiri, poi gemi, infine palpiti… il soffitto è bianco, anche il fondo dei tuoi occhi lo è.
Adesso i nostri respiri si mescolano, soffiano l’uno intorno all’altro: due piccoli turbini avidi che si rincorrono nell’aria quieti. Guarda, sembra si colorino; ogni spira ha un colore diverso, bello, no?
Respiriamo un poco meglio adesso, mi ossigeni.