L’anima è una sfera perché si espande meglio.
l’anima…
L’anima è una sfera perché si espande meglio.
Sono resistente all’acqua fino alla gola
L’anima è una sfera perché si espande meglio.
Ho obliterato la mia anima per te
adesso torno a piedi.
Dovrò percorrere strade sconosciute,
sentieri disagevoli,
zone pericolose.
E intanto piove.
Cosa c’è dietro quello sguardo? Cosa c’è dietro quel sorriso? Quel sorriso che non appartiene alla tua bocca: forestiero, quasi alieno.
Interviene nelle foto, si trattiene qualche secondo poi si allontana, svanisce nel nulla, come se non fosse mai esistito. Come se l’avessi preso in affitto solo un attimo; solo per quello scatto. Come un costume di carnevale da usare solo il martedì grasso. Una maschera sulla maschera. Tanto, poi verrà mercoledì e poi giovedì, e poi ancora…
Fai capolino dentro l’immagine come se giocassi a nascondino, lasciando agli occhi il compito di presentarti a chi non ti conosce ancora. C’è qualcosa dietro quegli occhi, qualcosa di triste: sono i tuoi sogni che rimbalzano in faccia alla realtà e tornano indietro. Li raccogli e li conservi in uno scrigno, con la speranza di riaprirlo un domani, nella nuova dimensione a cui ti stai preparando. Ogni tanto ne prendi un pezzo, spazzoli via un po’ di fantasia – tanto per renderlo comprensibile agli occhi dei pagani – e lo pubblichi. Chi ti capisce ti ama, pensi.
Lo vedi che passa, ti supera, ti segna nel viso e nel corpo, ma i segni più profondi li lascia nella tua mente. Macchie sulla pelle e nell’anima, macchie indelebili, macchie di tempo che corre.
Se non fosse per quegli occhi – che riuscirei a leggere anche al buio – nemmeno io mi accorgerei di quello che hai dentro. Ho questa facoltà: leggo esattamente cosa sei e cosa vuoi diventare.
C’incontreremo, lo so, c’incontreremo in quella dimensione a cui ti stai preparando e chissà che forse…
Varchi la soglia della mia anima col mento insolente e l’incedere arrogante, il rumore mi rintrona fin dentro il più recondito dei miei desideri.
Provo a sbarrarti l’accesso empiendomi della tua falsa condiscendenza, ma riesci sempre a trovare una breccia per entrare con caparbietà. Senza scrupoli. Provo a sfuggirti ogni volta che il tuo sguardo punta nella mia direzione, cercando di trovare un angolo dove nascondermi. Mi sfiori la spalla appena tento di far sbiadire la tua immagine dai miei occhi drogati; e ti basta un pennello e un po’ di colore per farmi illuminare di speranza. Non trovo pace. Ma cos’è la pace? Se la pace è soffocare il desiderio non la cerco, non mi serve. Cerco emozioni forti, sanguigne, struggenti, travolgenti; cerco una sofferenza appagante; un dolore riempitivo; una palpitazione avvolgente. Voglio il Pathos! Lo voglio sciogliere nel caffè la mattina; asciugarmici dopo la doccia; indossarlo prima di uscire; condirci l’insalata a pranzo; grattarlo sulla minestra la sera; gustarlo in una coppa di cristallo. E tenerlo sveglio la notte quando non dormo e guardo oltre il soffitto.