E’ stato come un gemito infinito, uno stridente lamento che è emerso dalle profondità del mare e ha attraversato la barca dalla chiglia fino e in testa d’albero. Tutto tremava; anche noi. Come se la mano di un gigante l’avesse afferrata e scossa ripetutamente, facendola, poi, picchiare più volte sugli scogli sommersi a pochi metri dalla superficie; percuotendo anche le nostre anime. Era come assistere impotenti al martirio e alla violenza di un essere pensante, e lo stridore era la sua richiesta di aiuto.
Non c’è voluto molto per realizzare ciò che nella mia vita stava per succedere per la seconda volta. Quel suono di dolore ci ha attraversato la spina dorsale avanzando fino al complesso intreccio dei nostri cervelli istupiditi. Quei pochi attimi ci hanno fatto capire che non basta essere dei bravi ed esperti navigatori. No, non basta.
La Meda c’era, l’abbiamo vista, abbiamo virato standole a largo: distanti. Ma non è bastato.
Il nostro sogno si è incagliato su una secca al largo di Santa Eularia sulla costa sud di Ibiza.